di Fabio BELLI
Uno studio in penombra, all’EUR, in quelle stanze larghe che riescono a trattenere il fresco della notte nelle calde giornate d’estate, se non vengono inondate dalla luce delle finestre aperte.
Sergio Leone è stato uno dei più grande registi della storia del cinema: gli studenti della Settima Arte ad Hollywood divorano le sceneggiature dei grandi western, di “C’era una volta in America”, ma soprattutto divorano la sua tecnica che fa scorrere lenta la pellicola, risucchia il pubblico negli guardi del protagonista, fa diventare un taglio degli occhi più espressivo di un monologo. Quentin Tarantino ne ha portato avanti la scuola in maniera ossessiva.
Sono gli ultimi anni di vita del maestro quando alla porta bussa un amico, un allievo. Che porta la figlia, per trascorrere qualche ora con quella bambina che Leone aveva visto poco ma avrebbe voluto conoscere meglio. L’amico e l’allievo era Carlo Verdone, che ricordò così in un’intervista alla RAI quello che fu uno dei loro ultimi incontri:
“Una volta ero andato a Ostia, mia figlia non stava benissimo e il medico mi aveva consigliato di farle respirare un po’ d’aria di mare. Tornando da Ostia, mi fermai all’EUR doveva Sergio viveva e andai a trovarlo a casa: lui era lì, un po’ assonnato, stava sentendo la Lazio alla radio, perché era era tifoso laziale, prese mia figlia e cominciò a giocarci. Per me quello fu un momento bello, speciale, perché riuscii a fargli conoscere mia figlia piccola. Da lì a poco si sarebbe ammalato e poi sarebbe morto.”
Una scena più o meno di 31 anni fa, poco dopo sarebbe andato via per sempre, il 30 aprile del 1989: Sergio Leone, regista, laziale come quel Mario Brega (classe ’23 e figlio di Primo, che fu podista con la casacca biancazzurra) che fu protagonista dei suoi western, tra i personaggi e i volti intensi, grotteschi e indimenticabili della “Trilogia del Dollaro”. Una lazialità vissuta con discrezione, romani che hanno fatto la storia del cinema nel mondo.
A 31 anni di distanza, a poterlo incontrare di nuovo e rivolgergli una delle battute più famose dei suoi personaggi, “Cos’hai fatto in tutti questi anni, Noodles?”, conosceremmo già la risposta che cadrebbe a pennello:
“Sono andato a letto presto“.