Enrico Bendoni, ex direttore generale della Lazio, è intervenuto nella trasmissione radiofonica Laziali On Air, condotta da Danilo Galdino e Fabio Belli:

Alla fine degli anni Duemila il calcio italiano era al primo posto nel mondo, tutte le squadre italiane esprimevano un calcio d’eccellenza anche nelle Coppe Europee, anche la Lazio conquistò due trofei e disputò una finale UEFA. Un periodo particolare in cui il calcio italiano aveva avuto un grande sviluppo favorito dall’aumento dei diritti televisivi e dall’ingresso in Borsa di alcuni club. Problemi atavici, a partire dalla possibilità di costruire stadi di proprietà, hanno frenato questo sviluppo: non va dimenticato che il TAR sospese il progetto di Cragnotti e Sensi di rivelare lo stadio Olimpico. In questo panorama Lotito si è avvantaggiato in qualche modo, sfruttando la lontananza di alcuni presidenti lontani, che non vanno neanche a Milano per curare i propri interessi. Lotito col suo rigore amministrativo ha portato la Lazio ad essere una società modello, competitiva e
con i conti in regola, oggi capace anche di non trascurare la passione di tifosi e di poter vivere un senso di appartenenza anche con la lunga militanza di alcuni giocatori. Il problema è che se la favola diventasse realtà la Lazio non sarebbe in grado di sostenere i costi, a partire dagli ingaggi.

Gli stadi di proprietà servono per incrementare i fatturati e i giocatori come Ronaldo sono necessari perché la competizione è diventata globale. A Roma siamo in una situazione di stallo con gli Stadi, la municipalità di Madrid si preoccupa di cambiare gli stadi e farli diventare redditizi per i club, a Londra si permettono di fare 6 stadi in una città e non si preoccupano di buttarne giù uno per farne un altro. Qui è impossibile fare qualunque cosa, la colpa dei presidenti è stata quella di accettare tutto, dai tempi di Viola che voleva fare lo stadio della Roma alla Magliana. La visione miope delle istituzioni non ha capito che lo stadio Olimpico poteva vivere di Nazionale, di concerti, di eventi che avrebbero comunque permesso ai club di ottenere i loro stadi e il loro sviluppo.

I proprietari americani hanno la loro cultura: partono inizialmente dalla logica delle leghe chiuse, c’è anche la rotazione delle squadre competitive per vincere supportata dal sistema. Questa è una logica che bilancia anche i ricavi e le perdite, le franchigie vengono cedute, se a Roma il pubblico calasse magari la franchigia passerebbe a Palermo. Si ragiona però essenzialmente sui conti: alla Roma Pallotta è entrato in una seconda fase, partendo con l’idea di guadagnare. Pallotta è un gestore di fondi e controlla il club con chi investe in questi fondi, è un discorso anche serio: fino a quando non facciamo lo stadio non possiamo competere per vincere. In questi 9 anni Pallotta ha messo in cascina 5 qualificazioni Champions che valgono per lui un importante incasso e vende i giocatori migliori limitando ogni perdita eccessiva per un gestore di fondi. Dal suo punto di vista, non essendo stato messo in condizione di fare lo stadio, per lui la valorizzazione passa ora dal miliardo che chiede per vendere la Roma, cedendola dunque a un livello superiore di club come Inter e Milan, che è ora nelle stesse condizioni dei giallorossi. Tant’è che ora la proprietà rossonera stima il valore del club a un miliardo e mezzo circa.

Tutto questo però non fa parte della nostra cultura, abbiamo bisogno anche di affezione e identificazione e il fatto di aver lasciato andare personaggi nei quali si identificavano i tifosi ha portato a un distacco. Lo stesso discorso all’inizio dell’era Lotito per la Lazio: Lotito faceva il suo percorso, ha avuto la forza di farlo per risanare il club, ed è stato bravo. Ma anche lui ora ha il problema di compiere un ulteriore salto: in Europa si parla di Superchampions, di Mondiale per Club ogni due anni. Se si vuole accedere a queste competizioni e ai relativi guadagni è necessario pensare a come arrivare a quell’obiettivo, altrimenti si rischia di non vincere più e vedere entrare nel giro altre società. Già adesso veniamo da 8 anni di vittoria della Juventus precedute da 4 anni di vittorie dell’Inter, è sempre più difficile accedere a certi livelli.

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