di Danilo GALDINO (Foto © Roberto PROIETTO)

Osservando ieri sera la Tribuna Tevere vestita da Curva Nord, un brivido d’emozione da vita ad una riflessione: il nostro popolo continua ad essere il bene più prezioso che possediamo, la base solida e incrollabile su cui costruire ogni sogno, progetto e sfida. Ma cos’è un popolo?
Popolo: collettività relativamente omogenea di uomini accomunati da lingua, cultura, origini, tradizioni. Etnia, insieme di abitanti di uno stato, di una città. Folla, moltitudine di persone.
Far parte di un popolo è qualcosa di speciale, perché non c’è posto e luogo troppo distante per un popolo, non esiste cella o prigione capace di isolare un popolo; muri, limiti e confini non riusciranno mai a dividere un popolo.
Essere un popolo con un radicato senso d’appartenenza e una storia alle spalle fatta da figure nobili e leggendarie, permette di vincere il tempo, di scrivere la storia, di essere diverso da tutti gli altri.
Un popolo, un’etnia, è segno d’identità marcata, il nostro nome o cognome viene sempre accompagnato dal termine identificativo “il Laziale” e già questo è motivo d’orgoglio e fierezza. La nostra vittoria si consuma ogni giorno in ogni dove, rappresentare e far parte di qualcosa di straordinariamente unico ed elitario come il popolo Laziale ti permette di sorridere anche al buio di una sconfitta come quella di ieri.
Ma un popolo lo dovrebbe essere sempre e non mettersi in coda per acquistare un biglietto solamente in occasioni speciali, come una finale di un trofeo. C’è una parte di questo straordinario popolo che è rimasta la stessa nel tempo, non ha cambiato abitudini e mentalità, lo si è visto ieri e in ogni gara giocata di giovedì a Roma e all’estero, ma molti altri invece sono diventati tifosi dell’evento: attratti dalla vetrina di prestigio o dal nome blasonato e titolato dell’avversario di turno. Tanti ormai non provano più interesse per competizioni e trofei importanti come l’Europa League, la Coppa Italia o una Supercoppa Italiana, definendole addirittura con presunzione e superficialità “Coppette”.
Si chiede a gran voce di raggiungere il quarto posto per partecipare alla Champions League, ma neanche quando la giocavamo si registrava il sold out. Si chiedono le partite con i top team europei dimenticando l’importanza di fare esperienza con squadre molto meno attrezzate del Liverpool, del Real Madrid o del Barcellona. Si pretende di volare, senza avere la pazienza ed il desiderio di imparare a camminare e correre…
L’Europa League è stata snobbata da tanti: a partire da noi tifosi, passando per l’allenatore e la società con le loro scelte, fino ai calciatori con le loro prestazioni.
Pochi presenti nelle due partite in casa con Rennes e Celtic, i giocatori più importanti lasciati inspiegabilmente a casa o a riposare in panchina, investimenti non fatti in estate o estremamente contenuti per prezzo e qualità, partite giocate come quella in Romania o nel primo tempo con il Rennes che rendono bene l’idea su come è stata affrontata la competizione.
Un po’ tutte le squadre di serie A e tutti i tifosi italiani, considerano con una ingiustificata spocchia questo trofeo la “serie B d’Europa”.
L’ultima Europa League – Coppa UEFA, è stata vinta da una squadra italiana 20 anni fa dal Parma. La fame e l’entusiasmo di quel Lazio – Lokomotiv Plovdiv di 26 anni fa, in troppi l’hanno smarrita con il passare del tempo, l’abitudine a vincere e a vivere appuntamenti prestigiosi ha azzerato il serbatoio delle motivazioni di troppi. Le 19 finali raggiunte negli ultimi 21 anni, hanno imborghesito molti di noi…
Basta leggere e ascoltare certi commenti o più semplicemente vedere quanta partecipazione c’è durante i vari cammini che si intraprendono ogni stagione, per averne una conferma.
Tutti, nessuno escluso, hanno snobbato questa edizione dell’Europa League. Le tre sconfitte più o meno immeritate, su quattro partite giocate contro avversari ampiamente alla portata, non lasciano spazio a troppe giustificazioni. Ormai un po’ in tutti noi, è troppo forte il desiderio di raggiungere in campionato un piazzamento che ci permetta di tornare a sentire la musica della Champions League. Lo hanno ammesso pubblicamente tutti: dal Presidente, al Direttore Sportivo, all’allenatore e tutti i calciatori che compongono questa rosa.
Ora che l’Europa al 90% è matematicamente sfumata, tutti dovranno dare l’anima per raggiungere il traguardo dichiarato e non saranno più ammesse prestazioni come quella di Ferrara. Tutti insieme dovremo metterci anima e cuore per superare le squadre che il calendario di serie A ci metterà davanti. Il Lecce dopo domani, dovrà essere rispettato e affrontato come fosse il Liverpool Campione d’Europa. Lecce e Liverpool… è facile ricordare cosa hanno fatto entrambe di importante, ma quelli sono altri piacevoli discorsi che oggi devono interessarci il giusto.
Un tempo ciò che rendeva la Lazio nostra la differenza da tutte le altre realtà italiane, era esclusivamente il suo popolo. Un tempo non avevamo i titoli della Juventus, del Milan o dell’Inter, ma la nostra storia e l’essere un Ente Morale, ci faceva sentire più ricchi e speciali di tutti gli altri club più titolati. Ora dopo vent’anni di continue vittorie in Italia e anche in Europa, la nostra bacheca è stata riempita di trofei, fino a diventare la quarta più ricca d’Italia per numero di titoli conquistati.
Troppo tempo per pensare alla sconfitta di ieri contro gli scozzesi non ce n’è, dietro l’angolo si materializza già il prossimo ostacolo, un nuovo appuntamento sempre a casa nostra. Domenica alle ore 15:00 si presenta all’Olimpico il Lecce di Fabio Liverani che tanto bene sta facendo in questo suo ritorno nella massima serie. Prezzi popolari, offerte speciali per gli under 14, l’orario ed il giorno più consono per vivere la Lazio nostra, dovrebbero ripopolare quei seggiolini in ogni settore. Tutti quelli che pretendono o desiderano il quarto posto, dovrebbero essere presenti…
Niente più distrazioni, little by little, poco a poco, un passo alla volta, rispettando tutti e senza mai temere nessuno, come è accaduto nelle ultime quattro giornate di campionato. In qualsiasi momento del nostro cammino, quando la stanchezza ed i timori affioreranno, provando a prendere il sopravvento, basterà voltarsi e guardare un intero popolo fiero e indomito, pronto a rispondere sempre: “PRESENTE!”
Ora non ci sono più alibi o scuse per nessuno… calciatori, allenatore, dirigenti e tifosi: TUTTI devono fare il proprio dovere.
Little by little…
Oggi più di ieri, Avanti Lazio… Avanti Laziali!

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