di Danilo GALDINO

“Il tempo è spesso puntuale nel farci capire molte cose in ritardo…”
Assorbiti da mille stati d’animo differenti e sentimenti contrastanti, non ci rendiamo conto che il tempo scorre impietoso e che la realtà che qualcuno vuole farci credere, è tanto diversa da ciò che invece si continua a vivere giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Da un’alba al tramonto, si arriva a cambiare l’anno sulle agende, i temi, gli assegni, per chi vive senza mai poter esultare un anno è un secolo, 365 croci sul calendario e sul cuore, e se le mortificazioni, i dolori, le sconfitte e le delusioni, continuano a sommarsi di anno in anno, la frustrazione e la rabbia emergono prepotentemente in qualsiasi occasione, portando a comportamenti ridicoli, che sfiorano l’assurdo ed il paradosso. Dopo 4015 giorni passati a guardare gli altri festeggiare, il fallimento e la sconfitta diventano quasi abitudine.
Il 24 maggio 2008 è stato l’ultimo giorno in cui gli altri hanno festeggiato un trofeo vinto, in quel periodo il mondo non era come adesso per vari motivi.
Quando al termine di quella Coppa Italia vinta con l’Inter, Rossella Sensi “Bla bla bla” veniva presa in braccio e portata in trionfo dai suoi ragazzi sotto la Curva, ancora non si potevano fare post celebrativi e pubblicare foto ricordo. Sì perché i social network si iniziavano ad affacciare nel nostro paese e non avevano ancora preso piede come adesso. Quando Francesco alzó uno dei suoi rari trofei al cielo, nessun familiare, amico o tifoso, poteva filmarlo con il proprio telefono e inviare quel momento di gioia a tutti, semplicemente perché l’IPhone è gli smartphone ancora non erano nelle mani di tutti e whastapp non era ancora stato inventato.
Undici anni sono tanti, chiunque di noi si sofferma a pensare a come era undici anni prima, viene travolto dalla malinconia, dai rimpianti e dalla consapevolezza che la giovinezza sfugge via, senza rendercene conto. Guardando foto di undici anni prima, nella nostra testa, rimbomba la voce del compianto Angelo Bernabucci che ti fa sentire un po’ Fabris Pier Maria: “Guardate com’eri? Guardate come sei… me pari tu’ zio!”.
Undici anni di bocconi amari sono veramente tanti, allevare e far crescere generazioni di bambini, ragazzi e uomini, senza mai fargli assaporare il gusto della vittoria, deve essere devastante.
In tutto questo tempo e da quel 24 maggio 2008, Francesco ha smesso di giocare e guardare dal campo gli altri capitani alzargli in faccia trofei, ora lo fa comodamente sul suo divano di casa.
Doni ha smesso di parare, Taddei ha smesso di correre, Vucinic vaga in giro per il mondo e “Capitan Futuro”… è l’unico superstite di quella squadra, anzi per essere precisi era l’unico superstite, visto che tra poco più di 48 ore lascerà la sua amata squadra del cuore per andare a giocare altrove. Il tempo passa, il tempo cambia, DDR da quando ha alzato l’ultima Coppa Italia si è fatto crescere la barba, in diciannovenne anno di carriera ha messo in bacheca due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana, praticamente lo stesso palmares di Thomas Strakosha in sei anni di Lazio.
L’allenatore di quell’ultima vittoria era Luciano Spalletti, che all’epoca era considerato il “Vate di Certaldo”, dopo essere volato via per un’esperienza in Russia, il suo ritorno non ha portato i frutti sperati, e con il passare dei mesi da “Vate” è diventato per molti il “water” che ha fatto smettere di giocare Francesco, il “traditore” scappato all’Inter con il “mago del calciomercato” Walter Sabatini poi trasformatosi anche lui nel “peggio sola Laziese” in circolazione.
In 11 anni è successo tutto e il contrario di tutto, sono cambiati Papi e governi, sono cambiate abitudini nel vivere quotidiano, i libri cartacei sono stati in parte sostituiti da quelli elettronici.
Negli ultimi undici anni Claudio Amendola è diventato nonno nei Cesaroni, ha smesso di tifare Milan e da qualche anno sostiene frequentemente la Juventus e recentemente ha provato anche con l’Atalanta. Mr “Er Cipolla” Francesco Salvi è sparito dai radar, passando dai cinepanettoni, ai video messaggi e fino a far perdere le sue tracce.
Antonello Venditti si è dimesso da tifoso, poi ci ha ripensato, poi ha ricambiato idea e alla fine prigioniero di questi continui cambiamenti si è scordato pure le parole del suo inno.
In questi ultimi undici anni è successo tutto ed il contrario di tutto: sono arrivati gli Americani, ma questa volta non hanno regalato cioccolata e sigarette, ma tante e tante promesse non mantenute, o se preferite fregnacce. Sono stati presentati 12 modellini di stadio differenti, apposte virtualmente 71 prime pietre per la costruzione della più grande opera mai costruita nella Capitale, sono state indagate e arrestate tantissime figure di spicco del mondo della politica e dell’imprenditoria, sono stati fatti bagni in piscina e nelle fontane senza nessun motivo valido o trofeo conquistato.
In questi ultimi undici anni in Italia si è visto vincere principalmente la Juventus, e poi l’Inter, la Lazio, il Milan ed il Napoli.
In questi ultimi undici anni, si è vissuto un Pazzini in versione Barbas, si sono spostate chiese da una parte all’altra del paese e tra un trasloco e l’altro si sono visti più 7-1 e addii al calcio che finali.
In questi ultimi undici anni si è giocata la partita più importante della storia di Roma e in ogni angolo del mondo sanno bene la data in cui si è disputata, il minuto in cui si è decisa, e chi l’ha vinta…
Undici anni di rivincite mai vinte, di “vinceeeremo il Tricolor” estivi, di appuntamenti e festeggiamenti sempre rinviati, di proclami trionfalistici anticipati, di “recorde” immaginari e vittorie morali inventate.
In questi ultimi undici anni il lavoro più duro lo hanno dovuto sostenere gli editori, i giornalisti, i redattori e tutti quei comunicatori che ogni santo giorno, hanno provato a far credere che la realtà non fosse amara e preoccupante come è in verità. Tutte queste figure che giorno e notte lavorano per cospargere cerone sulle cicatrici ed i sfregi, sapienti “truccatori” che mistificano e alimentano il mercato delle vendite, trasformando una giornata di rabbia e tristezza come il 26 maggio, in una buona occasione per vendere maglie celebrative e gadget vari.
Massimo rispetto per quella parte di avversari che hanno sempre provato a lottare contro tutto questo, per chi ha dovuto vedere sugli spalti persone mascherate e vestite da Americani, Indiani, Sceicchi, Emiri, Faraoni, Russi, Cinesi e addirittura in accappatoio!
Domenica sera 26 maggio verrà “festeggiato” in un’Olimpico sold out l’addio dell’ultima bandiera giallorossa e ultimo superstite di quell’ultima Coppa vinta. Già solo così fa ridere e rende bene l’idea di come venga mistificata e distorta la realtà. Un tempo molto lontano si “festeggiavano” vittorie e trofei facendo spot pubblicitari, campagne di sensibilizzazione per mantenere pulita la città, caroselli per le strade e feste nei quartieri, ora si celebrano “lacrime e titoli di coda” in nome del business e dell’ostentazione del nulla.
Roma, 24 maggio 2008… 24 maggio 2019… “Il tempo è spesso puntuale nel farci capire molte cose in ritardo”.
Noi continuiamo a sorridere divertiti davanti a tutto questo, ma intanto il tempo se ne va…
Oggi più di ieri, Avanti Lazio… Avanti Laziali!

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