Stefano Orsini, giornalista Rai, è intervenuto sugli 88.100 di ElleRadio nella trasmissione Laziali On Air, condotta da Danilo Galdino e Fabio Belli:

Per quelli che potevano essere i problemi di una terza stagione Inzaghi ha retto molto bene, pensando al posto in classifica che occupa la Lazio che a fine stagione varrebbe la Champions League. Il giudizio sulla Lazio non può che essere positivo, considerando anche i cambiamenti che ci sono stati in estate. Contro le squadre di medio-basso cabotaggio il rendimento è stato eccellente al contrario di altre grandi che hanno faticato, ora bisogna migliorare nei big match.

Milinkovic-Savic e Lucas Leiva finora hanno fatto giocare i fratelli, considerando il confronto con il rendimento nella scorsa stagione, per non parlare di Luis Alberto che sembra afflitto dalla maledizione della maglia numero 10. Questi alti e bassi hanno contraddistinto spesso il giocatore spagnolo, il ruolo chiave sarà quello dello staff per riuscire a motivare un calciatore che l’anno scorso tra gol ed assist è stato il top player di questa Lazio assieme a Ciro Immobile e Milinkovic. Magari la vicenda del contratto e questo equivoco sulla pubalgia sono elementi oggettivi di una fragilità di un giocatore che altrimenti sarebbe un fuoriclasse assoluto.

Gli attacchi subiti dalla categoria dei giornalisti negli ultimi periodi, al di là dei discorsi politici e di tifo, mi fanno venire i brividi e sono esterrefatto da quanto è stato detto, soprattutto per la generalizzazione che è stata fatta sulla categoria. Nel discorso specifico sulla Lazio è vero che la Lazio non ha mai goduto di buona stampa, a volte perché ci sono molti giornalisti tifosi di altre squadre. Di tutti gli addetti ai lavori che parlano e scrivono di Lazio ci sono al massimo due/tre tifosi “nativi” biancocelesti. Questo non vuol dire assolutamente che facciano male il loro mestiere, ma magari c’è un attaccamento minore rispetto ad altre realtà. Può capitare però che ci sia anche il rovescio della medaglia: ci sono anche molte persone che mi chiedono di che squadra sono e questo per me è il complimento più bello, perché il proprio lavoro va fatto con professionalità ed imparzialità.“.

Pensando al momento più bello vissuto da laziale, da tifoso è stato il 15 gennaio 1989, derby vinto col gol di Di Canio: sono uscito dallo stadio senza una scarpa perso dopo l’esultanza. A livello professionale lo Scudetto del 14 maggio del 2000, l’intervista fatta per Il Messaggero a Sergio Cragnotti a fine gara e al momento del fischio finale a Perugia mi sono trovato ad abbracciarmi con Favalli e Negro.

Ho un profondo rispetto verso la figura di Roberto Mancini che è stato l’anima della Lazio cragnottiana, è lui che ha portato una svolta nella mentalità. Anche da allenatore mi è piaciuto molto e continua a piacermi anche da allenatore della Nazionale: è un uomo di campo, che deve stare tutti i giorni sul pezzo e dunque come CT deve ancora digerire pienamente il ruolo. Deve fare però delle scelte chiare, sia per la difesa sia per Immobile, che resta comunque il giocatore più importante tra gli attaccanti italiani a livello di numeri.

Secondo me per Immobile nell’Italia c’è un ostacolo che è il modulo: è una punta atipica in grado di svariare in tutti i settori del campo, ma sicuramente il modo di giocare della Lazio è quello che lo valorizza di più. Adattandosi in azzurro snatura un po’ le sue caratteristiche, ma al momento è stato gli occhi di tutti che non ha la fiducia che gli servirebbe, si è visto anche contro la Polonia. Deve magari sapersi anche lui mettere in discussione nella realtà della Nazionale. Faccio fatica a paragonarlo ad altri giocatori, ha caratteristiche uniche anche rispetto al più forte che credo di aver visto che è stato Giordano. Dovendo fare un nome per forza dico Beppe Signori, anche se le differenze tecniche e fisiche sono evidenti, ma per cattiveria, dinamismo e modo di giocare ci sono delle analogie.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.