di Danilo GALDINO

“Papà vorrei diventare come Ciro Immobile!!!”
Ora i nostri piccoli grandi Laziali crescono con questo desiderio e con un punto di riferimento ben chiaro. Un idolo che segna e fa sognare, un bomber italiano dal viso pulito e l’animo nobile, un professionista volenteroso e talentuoso, un calciatore che onora sempre il biancoceleste e come tutti gli altri grandi cannonieri Laziali del passato è vittima della maledizione azzurra nazionale.
“Papà vorrei diventare come Beppe Signori!!!”
“Papà vorrei diventare come Bruno Giordano!!!”
“Papà vorrei diventare come Giorgio Chinaglia!!!”
Nel corso del tempo, ognuno di noi è cresciuto nel mito di un bomber italiano e Laziale, uno di quei calciatori capaci di accendere la fantasia di tutti, dai grandi ai bambini.
Ciro è nato a Torre Annunziata, il 20 febbraio 1990.
Forse non è una semplice casualità che l’ultimo grande capocannoniere italiano biancoceleste sia nato solamente 3 giorni prima ad Alzano Lombardo e il 17 febbraio scorso abbia festeggiato il mezzo secolo di vita.
Ciro e Beppe, Beppe e Ciro… il 17 febbraio, sì 17, proprio come il numero che indossa sulla maglia il nostro attuale bomber.
Quante similitudini tra questi 2 attaccanti, tanto diversi, ma per certi versi molto simili. Biondi e italiani, veri goleador con la filigrana e trascinatori. Beppe era l’idolo di gioventù dei papà che ora ascoltano il proprio figlio dire: “Papà vorrei diventare come Ciro Immobile!!!”
Grazie ai campioni come Immobile, Signori, Giordano, Chinaglia, sono cresciuti orgogliose, felici e sognanti intere generazioni di Laziali. Grazie a loro quella magica trasmissione emozionale che si tramanda da sempre di padre in figlio prosegue a dispetto di tutto e tutti.
Avere un grande bomber italiano identificativo e rappresentativo è importante per tutti quei piccoli grandi Laziali che si trovano a confrontarsi quotidianamente sui banchi di scuola con un numero più elevato di altre realtà. Ogni sua rete è fertilizzante per le speranze di chi cresce con l’aquila sul cuore, ogni suo goal è humus per le speranze di chi orgogliosamente ostenta la consapevolezza di essere qualcosa di unico, di esclusivo, qualcosa per pochi e non per tutti, essere semplicemente la differenza!
Ieri sera a Genova, si è giocata l’ennesima partita della nazionale di Roberto Mancini, altro grande fuoriclasse che ha vestito la stessa maglia con l’aquila sul cuore di Ciro Immobile. L’ennesima amichevole sperimentale e priva di grandi sussulti, l’ennesima partita senza una vittoria azzurra in una città che ancora deve riprendersi dal dramma vissuto questa estate. L’unico momento veramente emozionante non è arrivato dalla giocata di un calciatore ma dal cuore della gente:
Al minuto 43, Marassi ed il calcio si è fermato, per tributare un applauso alle 43 vittime del crollo del ponte Morandi. Attimi struggenti, dolorosi e commoventi.
Per il resto la partita ha regalato un pareggio che non esalta, una prestazione che continua a creare parecchi dubbi e perplessità. La domanda che tutti i tifosi Laziali si son fatti è sempre la stessa: “Ma perché il bomber italiano più prolifico degli ultimi anni non gioca dal primo minuto?”
Sgranando i numeri di Ciro Immobile, tutti gli appassionati di calcio e gli addetti ai lavori, alzano le mani e si arrendo all’evidenza. Questo ragazzo, come accadde precedente a Beppe Signori, vive un rapporto particolare con l’azzurro e con i CT che si sono susseguiti in panchina. Quando hai un campione che la butta dentro continuamente e in tutti i modi possibili ed immaginabili, la squadra dovrebbe essere costruita intorno a lui. Un capocannoniere come Ciro Immobile, dovrebbe essere la colonna portante e imprescindibile di una nazionale come questa. La base su cui ripartire e ricostruire qualcosa che non ha più il valore ed il blasone di un tempo.
Ieri sera quando il nostro bomber si è alzato dalla panchina ed è subentrato a Bernardeschi, era il minuto 57, chissà quanti dei nostri bambini si saranno voltati verso il proprio padre e avranno domandato: “Papà perché Ciro non ha giocato dal primo minuto?”
A questa domanda apparentemente semplice, milioni di italiani, non riescono a dare una risposta logica e sensata.
Eppure neanche 72 ore prima, Ciro aveva trascinato la Lazio nostra alla vittoria, stendendo con una sua rete l’ottima Fiorentina.
Chissà cosa penseranno tutti quei piccoli aquilotti che con gli occhi straripanti di amore incondizionato, di esultanza e voglia di sognare, domenica pomeriggio voltandosi verso il proprio padre avranno detto: “Papà vorrei diventare come Ciro Immobile!!!”
Il nostro bomber si è caricato la Banda Inzaghi sulle spalle e l’ha riportata al quarto posto in classifica, scrollando di dosso quell’alone di negatività che ammantava l’ambiente biancocelesti dopo le ultime due pesanti sconfitte.
Anche in questa prima parte di stagione i numeri parlano chiaro: su 8 partite di campionato Ciro ha già messo a segno 5 reti. Come Beppe segna sempre lui, ma forse per qualche scienziato del calcio 2.0 non basta questo per essere il pilastro su cui far aggrappare un’intera nazione di sportivi. Egoisticamente da innamorati di Lazio, forse è meglio così, ma tutto quello che accade da anni in azzurro è molto più semplice da comprendere di quello che sembra. Noi continuiamo a contare i giorni che ci separano da domenica 21 ottobre…
Next Stop: Parma
Prossima Fermata: Stadio Tardini
Un passo alla volta, partita dopo partita, tutti insieme, sospinti da una forza inarrestabile chiamata amore, pensando che i goal importanti il nostro Ciro deve tenerseli tutti per noi.
Campione segna per noi… tira e facci un goal! Campione segna per noi, solo per noi…
Oggi più di ieri, Avanti Lazio… Avanti Laziali!!!

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