di Fabio BELLI

Ci risiamo. I giornali della mattinata hanno rilanciato altre suggestive ipotesi sul futuro di Sergej Milinkovic-Savic.

Unica trattativa che sembra risvegliare i pruriti degli esperti di calciomercato; per fortuna della Lazio il clamoroso e inaspettato arrivo di Cristiano Ronaldo aveva concesso un po’ di tregua. Ma come per l’anticiclone africano e le ondate di calore estive, certe c…ate non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano.

E non parliamo della possibilità in sé che Sergej possa partire. Anche Igli Tare, a margine della presentazione dei 7 acquisti stagionali a Formello, è stato lapidario: se la maxi-offerta preconizzata anche dal presidente Lotito arriverà, sarà impossibile trattenere un calciatore per una cifra che al momento può essere ipotizzata tra i 120-150 milioni di euro più bonus vari, come stima approssimativa.

Il problema riguarda piuttosto il voler tirar su dagli inferi una squadra come il Milan che, dopo il salvataggio da parte del Fondo Elliott, ha visto svanire la bolla cinese per veder gonfiarsi quella americana. Che le carte dei bilanci, pur essendo alla luce del sole, fossero “truccate” nel mazzo della Serie A non ci voleva uno scienziato a capirlo. Si parla da anni di Roma, Inter e Milan indebitate e di Lazio società virtuosa, ma è impossibile non constatare come il sistema calcio in Italia consenta ai grandi club margini finanziari impensabili per altre società.

Per dirla in soldoni, la Lazio indebitata e in crisi dell’era post-Cragnotti, doveva vendere e non poteva comprare, pena il fallimento. La Lazio virtuosa di Lotito magari non ha “bisogno” di vendere, ma per restare in attivo deve comunque agire in modi diversi rispetto a chi, a fronte di centinaia milioni di debiti, ingaggia top player. Come il Milan abbia preso Gonzalo Higuain può sembrare un mistero, col “Sole 24 Ore” che in un articolo del marzo scorso aveva così efficacemente riassunto il quadro dei conti rossoneri:

Il bilancio semestrale 2017 (del Milan, ndr) ha una perdita netta consolidata di 32,6 milioni, poco meno dei -34,2 milioni del semestre 2016. Se si facesse un bilancio pro forma di 12 mesi, al 30 giugno 2017, il Milan avrebbe una perdita di 73,3 milioni, la più alta della serie A (l’Inter ha dichiarato una perdita consolidata di 24,6 milioni, l’As Roma di 42 milioni). I debiti totali lordi del Milan sono saliti dai 309,4 milioni di fine 2016 a 377,3 milioni, di cui 140 milioni di debiti finanziari netti. A questi si aggiungono i 180 milioni di debiti della scatola lussemburghese. Tutto il “sistema Milan” quindi al 30 giugno aveva 557 milioni di debiti lordi. Il Milan “cinese” non ha rispettato il business plan che prevedeva per la stagione in corso un aumento dei ricavi del 32% a 273 milioni. La spinta doveva venire da 90 milioni di ricavi dalla Cina. Ma i ricavi cinesi sono quasi a zero.

Niente, alla fine non c’era

Tanto che i rossoneri erano stati anche esclusi dall’Europa League, salvo marcia indietro dell’UEFA imposta dal TAS di Losanna. Cosa è cambiato da allora? Il passaggio al Fondo Elliott ha sicuramente “schiarito” la questione debitoria, ma fino a un certo punto: in pratica, è come se la banca con la quale si era debitori si fosse presa la casa per la quale si era acceso il mutuo. I debiti il Milan, in gran parte, ora li ha con chi… “gestisce” il Milan stesso. Che pensa bene di buttarsi nella temeraria operazione Higuain semplicemente perché i soldi di un istituto di credito… non sono di nessuno in particolare. O meglio, sono del Fondo, ovvero di più persone, gli investitori del Fondo stesso, che fanno “girare” il loro denaro per avere una rendita (variabile) sui loro soldi.

Questo spiega la disinvoltura con la quale il Milan agisce sul mercato, ma occhio a toccare la Lazio. Ci avevano provato il 21 maggio, 24 ore dopo la fine del campionato, con Immobile, salvo poi trovarsi nel gorgo delle sanzioni UEFA. Ora si parla di un interesse per Milinkovic-Savic con una formula alla Higuain: 40 milioni di prestito e 80 di riscatto. Poco male per i rossoneri se questi soldi, come si è visto per l’operazione Bonucci, poi potrebbero subire delle “revisioni” nel futuro, perché per ogni stagione che passa, le carte in tavola per il Milan possono cambiare.

Sfumata la pista Juve col probabile rinnovo di Pjanic, possiamo capire che all’odiata Lazio Milinkovic vada sfilato in qualche modo, ma suvvia, siamo seri: scegliete una squadra che possa dare alla Lazio i soldi che ha chiesto, e che ha sempre ottenuto anche in trattative in cui non era coperta da altri 4 anni di contratto col giocatore. Il famoso “modus operandi” della Lazio, concetto ripetuto a pappagallo dai soliti noti che entra in testa però solo quando le condizioni sono svantaggiose per i colori biancazzurri, altrimenti viene magicamente dimenticato. Così come viene magicamente dimenticato che la Lazio è una società quotata in borsa: qualsiasi illazione sul mercato causa delle oscillazioni del titolo che danneggiano i consumatori.

La Lazio vanta un bilancio sano, limpido, con plusvalenze giustificate (del caso dell’Inter si dovrebbe parlare con dovizia di particolari, ma ci dilungheremmo troppo…) e un valore della rosa in continua crescita: non ha bisogno di cedere calciatori e anzi a Milinkovic è stato proposto un rinnovo del contratto. Se poi l’offerta GIUSTA arriverà, ci si piegherà alle leggi del mercato, che prevedono però SOLDI VERI: finiamola di pensare che la Lazio debba dispensare sconti per far contenti i soliti vassalli delle grandi (o presunte tali, perché di grande negli ultimi 10 anni c’è stata solo la Juventus…) del calcio italiano. Il caso Keita (che aveva un contratto in scadenza entro 10 MESI, NON 46 come Milinkovic) non ha insegnato nulla, a quanto pare…

Però bisogna dare atto che un anno fa ci avevano preso

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