di Danilo GALDINO

“Sortilegi e stregonerie, finti maghi e false ideologie, dei miei giorni più non sono il re, mentre il tempo scivola su me…”
In un mondo del calcio sovraffollato di sedicenti maghi, stregoni, scienziati, fenomeni e venditori di sogni di latta, fortunatamente per noi ci sono anche seri professionisti che alle parole, alle grida sguaiate, agli insulti e alle offese gratuite in diretta tv, preferiscono i fatti. Quelle persone che non illudono con proclami accattivanti, non dispensano promesse sapendo bene di non poterle mantenere, non festeggiano mai anticipatamente, non si pongono con gli avversari ed i propri tifosi in modo spocchioso e borioso. Sono veramente pochi quelli che al luccichio ammaliante dell’apparire preferiscono il silenzio del culto del lavoro, che affrontano tutte le loro giornate tra la riservatezza e la concretezza, che vivono una professione spinti da una passione e un amore ventennale.
Come più volte ripetuto negli ultimi 3 anni, tutto ciò che di positivo si è fatto e vissuto in queste stagioni è frutto del lavoro di tutti: società, giocatori, tifosi, staff tecnico e allenatore. Sì, quell’allenatore che nessuno di noi, a luglio del 2016, aveva accolto con toni trionfalistici ed eccessivo entusiasmo. Un allenatore che aveva precedentemente traghettato con umiltà e determinazione nelle ultime sette partite una squadra allo sbando che aveva deluso sotto tutti i punti di vista, un gruppo ostaggio di gelosie, invidie e interessi personali da parte di molti giocatori che fortunatamente non ci sono più. Un allenatore che a livello giovanile aveva fatto vincere alla Lazio nostra tutto quello che si poteva conquistare e proprio in un primo maggio del 2015, ricalcava con la sua Primavera le gesta del 26 maggio 2013, alzandogli in faccia la Coppa Italia ai pari età giallorossi.
Simone Inzaghi è un giovanissimo allenatore di 43 anni con parecchi pregi e ancora qualche piccolo limite dettato dall’inesperienza, è un Mister che sicuramente non è un Mago Merlino o un nuovo santone del calcio nostrano come Gasperini. Non possiede la bacchetta magica, ma con la sua concretezza, la sua professionalità e la voglia di donare gioia al suo popolo è riuscito in questi anni ad ottimizzare al meglio tutte le risorse di cui disponeva.
Mancano solamente 24 giorni al termine di questo campionato, ma già si possono fare alcune valutazioni comparando le scorse stagioni a questa.
La 2016/17 è stata la prima vera stagione della Banda Inzaghi e portò un quinto posto in classifica con 70 punti, una finale di Coppa Italia, la qualificazione in Europa League e i derby vinti di campionato e Coppa Italia. Dal silenzio di Norcia, passando dalla diffidenza e dalle incertezze di Auronzo di Cadore, partendo con uno stadio quasi deserto, si era riusciti a costruire qualcosa di incredibilmente bello.
A luglio del 2017 le solite mani sporche di un inchiostro maleodorante avevano cancellato tutto in pochi giorni, alimentando il seme dell’incertezza e del dubbio. La “maledizione del secondo anno” che si era abbattuta negli ultimi 13 anni su tutti i predecessori del Mister Inzaghi veniva ripetuta e narrata ogni giorno a grandi e bambini. Fiumi di chiacchiere depotenzianti veicolate da radio, tv e quotidiani parlavano di una sconfitta annunciata per la finale della Supercoppa Italiana contro la Juventus. Invece quella partita si trasformò in un magico trampolino. Da quella splendida vittoria del 13 agosto 2017 fino alle 22:00 del 20 maggio 2018 abbiamo vissuto tanti momenti esaltanti. Nella stagione passata la tanto bistrattata e osteggiata Banda Inzaghi ha giocato più di qualsiasi squadra italiana: ben 55 partite ufficiali tra campionato, coppe nazionali e coppa europea. Questa squadra ha segnato 89 reti in campionato e ben 123 totali stagionali senza disporre di Leo Messi che ieri sera ha siglato il suo seicentesimo goal con la maglia del Barcellona.
Ha vinto la bellezza di 12 partite di campionato in trasferta. Ha raggiunto la semifinale di Coppa Italia ed i quarti di finale di Europa League. Ha conquistato con quattro partite d’anticipo la matematica certezza di giocare in Europa League.
La sconfitta all’ultima giornata contro l’Inter e la Champions League svanita nei minuti finali generò tanta delusione. Le solite mani sporche di inchiostro velenoso ne approfittarono per scrivere e attaccare tutti i nostri punti di riferimento. Il nostro Mister era stato accostato prima alla Juventus, poi al Napoli e pochi giorni fa alla vigilia della semifinale con Milan proprio si rossoneri.
Dopo un avvio in salita e le sconfitte contro Napoli e Juventus, la Banda Inzaghi è arrivata oggi a totalizzare 55 punti su 34 partite e si trova a soli 4 punti dall’Atalanta al quarto posto. Ha sicuramente sprecato grandi occasioni come quelle con il Sassuolo ed il Chievo in casa, ma si giocherà con la sua Banda la terza finale della sua breve carriera da allenatore di serie A e la quarta finale di Coppa Italia nelle ultime sette edizioni della manifestazione.
Non è necessario esaltarci inutilmente, ma neanche bisogna dimenticare tutto ciò che ha realizzato Simone Inzaghi e tutta la sua fantastica Banda in questi ultimi tre anni. Rispetto e riconoscenza sono alla base di tutto. Rispetto e riconoscenza: ciò che ogni singola componente del mondo Lazio non dovrebbe mai dimenticare. Restare lucidi e attenti, uniti e compatti, pensando solo a cosa verrà fatto e non a cosa verrà detto da oggi al termine del campionato.
Se ancora non ti sei reso conto di tutto ciò che si è vissuto in questi ultimi tre anni, hai ancora la possibilità per partecipare alle straordinarie emozioni che ci continuano a regalare questi ragazzi.
Ci sono ancora 12 punti disponibili in campionato e una finale di Coppa Italia da poter vincere il 15 maggio contro l’Atalanta, tutto può ancora essere scritto dalle nostre mani.
Vieni e, se ci cercherai, sempre e per sempre dalla stessa parte ci troverai…
Oggi più di ieri, Avanti Lazio… Avanti Laziali!

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