di Danilo GALDINO

“Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione. Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo. E a subirla ti senti ingannato, beffato, umiliato. La vittima d’una ingiustizia che non t’aspettavi, d’un fallimento che non meritavi. Ti senti anche offeso, ridicolo, sicché a volte cerchi la vendetta. Scelta che può dare un po’ di sollievo, ammettiamolo, ma che di rado s’accompagna alla gioia e che spesso costa più del perdono…”
La scrittrice Oriana Fallaci spiegava perfettamente cosa è in grado di fare la delusione.
La delusione è uno stato d’animo che nasce dopo aver constatato che una situazione non era come ci si aspettava. La delusione può arrivare dalle persone, dalle speranze e dalle aspettative, che si erano costruite nel nostro cervello in un certo modo e che non si sono rivelate tali.
Nel corso della nostra vita a tinte biancocelesti diverse volte siamo rimasti delusi da sconfitte sul campo di gioco, da promesse non mantenute, da comportamenti e atteggiamenti ambigui, da scelte dettate da interessi personali, dal cinismo di qualcuno o dalla superficialità di ragazzini viziati. Ci hanno deluso o fatto del male in molti: istituzioni, arbitri, proprietari, dirigenti, allenatori e calciatori, ma tutto scorre e tutto passa ininterrottamente da 119 anni, semplicemente perché l’amore si auto rigenera continuamente e supera ogni ostacolo.
Le delusioni però indeboliscono, rendono le menti più labili e condizionabili, in diversi casi creano dei veri e propri vuoti di memoria, facendo perdere di vista la realtà e cosa si è fatto nel corso del tempo. Tutti possiamo essere delusi da una sconfitta, non una sconfitta qualsiasi, ma in occasione di una partita diversa da tante altre per mille motivi, ma non dobbiamo permettere a nessuno di stravolgere o strumentalizzare a proprio piacimento tutto quello che è stato fatto ed è veramente accaduto nel corso del tempo.
Dopo l’inaspettata sconfitta di sabato pomeriggio contro un Chievo già matematicamente retrocesso, sarebbe logico e più che giustificabile scagliarsi contro tutto e tutti. Vedendo la classifica i rimpianti in questa stagione sono veramente tanti, perché sarebbero bastate le vittorie casalinghe con il Sassuolo ed i Clivensi, per essere quarti in classifica davanti al Milan e l’Atalanta attualmente a 56 punti.
Questa volta a tradire non sono stati i vari Rocchi, Giacomelli o i fischietti di turno, ma la delusione più grande ce l’hanno data i nostri Milinkovic, Luis Alberto, Simone Inzaghi e tutti gli altri componenti della Lazio nostra.
Neanche la Santa Pasqua è riuscita a far svanire la rabbia accumulata e dopo 72 ore siamo ancora tutti increduli e delusi per ciò che è accaduto.
L’amaro in bocca provocato da una prestazione non da Banda Inzaghi non se ne va. Siamo tutti delusi da una partita persa incredibilmente contro una squadra che aveva vinto una sola volta in tutto il campionato. Siamo delusi dalla stupida reazione di Milinkovic che ci ha penalizzato e fatto giocare un’ora con un uomo in meno. Siamo delusi da scelte discutibili del Mister e da un turnover che continua a fare più danni della grandine. Siamo delusi da atteggiamenti svogliati, da una mancata reazione, dall’assenza di personalità e da tanto altro. Delusi, ma consapevoli che tutto quello che di buono si è fatto negli ultimi tre anni, non può dissolversi in un sabato pomeriggio di aprile. Quando qualcuno che sostieni ad oltranza ti delude, ha un solo modo per recuperare la fiducia persa: dimostrare!
Non servono troppe parole, promesse, proclami o frasi ad effetto, serve solamente tanto lavorare per recuperare in fretta l’onore perduto.
Chi non si mette mai in discussione è destinato a regredire gradualmente, chi non cerca di spingersi mai oltre è destinato a un ruolo marginale, chi si adagia su ciò che ha dimostrato precedente è finito prima ancora di cominciare una nuova sfida.
Tra 36 ore saremo di scena a Milano per una partita che vale un’intera stagione, una semifinale di Coppa Italia che ci potrebbe spalancare la quarta finale negli ultimi sei anni. Solo un regalandoci un risultato positivo domani sera, potrebbero parzialmente farci dimenticare le tante delusioni e le occasioni mancate ingenuamente in questa stagione.
Sicuramente più di qualcuno, ha perso di vista l’importanza di indossare la stessa maglia di Piola, Chinaglia, Giordano, Signori, Gascoigne, Nesta, Nedved, Veron, Mancini, Klose e tanti tanti altri campioni indimenticabili.
Il perdono è l’unica via che riavvicina alla gioia, ma va meritato e riconquistato. Chi ama incondizionatamente sa perdonare, ma chi viene amato in modo estremo deve saper dare il giusto valore a qualcosa di così inestimabile e prezioso.
Non ci sono più attenuanti o giustificazioni, adesso non si può più sbagliare o tradire, ora sono davanti a un bivio: affogare o risorgere.
Quella di domani non è una partita che vale tanto, ma è la sfida che vale tutto.
Per ogni ora passata in campo e non ti sporchi neanche la maglietta, ci vuol sudore e un minimo di cuore se non vuoi lo zero a zero.
Per ogni passo strisciato, stanco e nel frattempo tutto il resto è fretta, e la scelta è o resti fuori o corri per davvero.
C’è chi corre e chi fa correre, e c’è chi non lo sa, io so solo che, io so solo che, quando tocca a te, tocca a te…
Oggi più di ieri, Avanti Lazio… Avanti Laziali!

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