di Danilo GALDINO

“E’ più difficile descriverla che sentirla la Lazialità. Dalla Lazialità nasce il Laziale da distinguere dal tifoso che però può diventare anche lui un vero laziale, se assorbe tutto quello che c’è di bello nel costume biancoceleste. Sicuramente la prima lezione di Lazialità ce la dettero i fondatori della Società Podistica Lazio il 9 gennaio 1900.
Ispirati dai colori biancocelesti della Grecia, prima nazione ad organizzare ad Atene le Olimpiadi moderne, essi affidarono questo nome alla nuova Società. Perché Lazio? Eppure Roma era lì, era la città meravigliosa dove vivevano, era la capitale, la cui cultura era stata prima la culla della civiltà moderna, poi la madre. Eppure vince il nome Lazio. Ma è giusto perché furono i Latini, che accolsero il profugo Enea, furono i Latini che dopo avere imposto il loro dominio nella regione, ebbero nei due gemelli di Roma i fondatori della città eterna. Era quindi il Lazio che aveva determinato il futuro di Roma e del mondo intero. Niente conformismi, niente onori a cose e persone, ma soltanto culto per il meraviglioso passato della regione Lazio. E che la mentalità dei fondatori, della nuova Società fosse aperta a tutte le sane discipline Sportive, diventa evidente, constatando come dopo il podismo, il nuoto diventa il secondo sport, poi subito nei primi anni il canottaggio, il calcio, la pallanuoto, l’escursionismo. E la Società era una sola per tutti questi sport, ed ogni dirigente di essa presiedeva una disciplina sportiva, e ciò anche quando il calcio ben presto divenne l’attività preminente. Ma questa che allora non si usava chiamare “Lazialità”, era già viva nella mente e nei cuori dei nostri dirigenti di allora da Luigi Bigiarelli a Fortunato Ballerini, da Giorgio Vaccaro a Olindo Bitetti, da Eugenio Gualdi a Remo Zenobi e tanti altri. Comincia ad essere chiaro cosa era ed è la “Lazialità”! Amare i colori biancocelesti, come simbolo di purezza, amare lo sport per tutto quello che di meraviglioso può dare ai giovani, la voglia di vincere o meglio di superare se stessi sempre nel più grande rispetto dell’avversario. La sconfitta fa parte dello sport e della vita, non c’è vittoria che non sia stata preceduta da una sconfitta. Amare lo sport, come elemento di perfezionamento del fisico, della mente, come spinta nella vita a superare le difficoltà che sempre s’incontrano giorno per giorno. Rispettare gli avversari, tanto da diventarne amici. Certamente alla base dei sani principi dei nostri fondatori, c’era il dilettantismo, e cioè non soltanto sottrarre ore alla propria famiglia, non soltanto affrontare le difficoltà con gioia, piacere e senza considerare sacrifici le lunghe ore dedicate alla preparazione, ma sempre disposti a seguire la Società con passione aiutandola anche economicamente. Così visse la prima Lazio e così vive ancora la Lazio del 1997. La Lazialità porta il Laziale ad amare non soltanto la disciplina prediletta e gli altri sport curati dalla Società Madre, ma anche apprezzare i risultati che lo Sport italiano può darci anche al di fuori delle nostre mura biancocelesti. La Lazialità è signorilità non di carattere esteriore, è cosa che si sente dentro, della quale ci si sente orgogliosi. Se la musica è un meraviglioso messaggio che tocca i cuori, la mente e ci spinge ad esser buoni, sensibili e ci innalza verso il cielo, la Lazialità è un messaggio di costume di vita, e quindi incide nel comportamento giornaliero di ciascuno di noi. E con augurio concludo: dimostrare la nostra Lazialità in ogni occasione, nei campi di gioco e nella vita.”
Oggi, a quarantotto ore dal derby perso senza nessuna attenuante, le parole del Presidente Generale S.S.Lazio
Renzo Nostini, scritte ventuno anni fa, dovrebbero leggerle TUTTI… sì, TUTTI coloro che si professano Laziali, TUTTI quelli che indossano una maglia storica e che la rappresentano in ogni sede. Giustamente l’amarezza di perdere una stracittadina senza neanche lottare in campo è tanta. I commenti velenosi verso calciatori, allenatore e dirigenza, sono anche in parte comprensibili, ma prima di scagliarci ferocemente contro tutto e tutti, tanti di noi dovrebbero mettersi davanti ad uno specchio e interrogarsi su ciò che sono oggi e come vivono la Lazialità.
Sabato pomeriggio dove cazzo stavate?!?
La più grande sconfitta di questo derby si è consumata prima ancora che l’arbitro Rocchi fischiasse il calcio di inizio.
Vedere una squadra accompagnata, sostenuta e protetta dalla sola Curva Nord è l’aspetto più triste di questa sconfitta.
Inzaghi non capisce più niente, i nostri calciatori hanno giocato senza carattere, la società non sarà mai come la Juventus, ma tu invece cosa hai fatto per meritare molto di più? Sì, ma l’orario e il giorno; sì ma, i pochi parcheggi; sì, ma i biglietti troppo costosi; sì, ma… la “fame” dov’è finita? Si pretende di vedere gli occhi della tigre in campo, quando i primi che non ce l’hanno più e hanno snobbato l’evento sono due terzi della nostra tifoseria. Se questo derby si è perso in questo modo la colpa è di TUTTI, anzi di quasi tutti… gli unici che lo hanno onorato, affrontato e giocato con il giusto spirito erano i 10.000 poeti guerrieri biancocelesti presenti sugli spalti dell’Olimpico.
Scivolare e cadere può succedere a chiunque, ma è importante ritrovare immediatamente le forze e le motivazioni per ripartire subito. Giovedì si volerà in Germania per proseguire la nostra avventura in Europa League e domenica alle ore 15:00 verrà a farci visita la Fiorentina. Non servono ora lamenti e rimpianti, ma l’unico aspetto veramente essenziale, è recuperare TUTTI quella “fame” che ci ha sempre caratterizzato in passato.
“La Lazialità è un messaggio di costume di vita, e quindi incide nel comportamento giornaliero di ciascuno di noi. Dimostrare la nostra Lazialità in ogni occasione, nei campi di gioco e nella vita.”
Un derby dei tanti di campionato si può perdere, pareggiare o vincere, ma la consapevolezza di essere veramente Laziali non si deve perdere mai.
Oggi più di ieri, Avanti Lazio… Avanti Laziali!!!

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