di Danilo GALDINO

Triplice fischio dell’arbitro Rocchi, tanti tifosi interisti esultano sugli spalti e intorno a te molti volti delusi per non aver portato a compimento nel migliore dei modi una bella stagione vissuta da protagonisti. È in quel momento che il tuo sguardo cerca qualcosa o qualcuno, dove poter trovare un po’ di rifugio, un briciolo di sollievo o una spiegazione alle tante domande che rimbalzano in testa.
Tra chi imprecava rabbioso, chi rimaneva impietrito dalla delusione, e chi ugualmente applaudiva una Banda Inzaghi che nonostante la sconfitta di ieri ci ha ugualmente fatto vincere un trofeo e trasmesso un mare di emozioni, i miei occhi hanno incrociato quelli di un bellissimo bambino di dieci anni che piangeva mentre continuava a sventolare la sua bandiera.
In quel momento ho pensato alle parole che mio padre disse a me una trentina d’anni prima: “Non ti stancare mai di sventolarla e amarla. Le lacrime di oggi, saranno i sorrisi di domani. Forza Lazio nostra… Sempre!!!”
Qualcuno erroneamente e impropriamente utilizza il termine bandiera associandolo a un giocatore, dimenticando il vero significato di questa parola.
I calciatori hanno la fortuna e l’onore di poter indossare una maglia che rappresenta qualcosa di unico e di grande per tutti noi. La nostra maglia non è nient’altro che un sogno comune, frutto di un amore incondizionato che si tramanda di generazione in generazione dal 9 gennaio del 1900.
Un po’ tutti siamo cresciuti guardando e contemplando la nostra prima bandiera regalataci da nostro padre. Molti di noi ce l’hanno ancora chiusa dentro un cassetto, come fosse il più prezioso dei cimeli.
La mia prima bandiera, come quella di tanti e tanti Laziali, era mezza bianca e mezza celeste, in mezzo aveva un’aquila stampata, sulla destra c’era la coccarda della Coppa Italia del 1958 e sulla sinistra lo scudetto del 1974.
In quella bandiera c’erano orgoglio, sogni, speranze… Veniva coccolata, protetta e sventolata continuamente: in cameretta, nel corridoio di casa, per strada e allo stadio. Siamo cresciuti con il culto della bandiera e con il passare degli anni, tra una delusione e una nuova scoperta, le parole di nostro padre ci indicavano la giusta via, come le stelle più luminose per un viaggiatore:
“La vera bandiera sei tu, è l’apparente sconosciuto accanto a te che vive le tue stesse emozioni.
La bandiera è quel figlio del tuo stesso sentimento che condivide tutto insieme a te: gioie, dolori, successi, sofferenze, pericoli ed emozioni.
La bandiera è tuo padre e un domani sarai tu per tuo figlio, è quell’eterna trasmissione di ricordi, storie, tradizioni, che neanche lo scorrere del tempo riesce a cancellare o sbiadire.
Ogni volta che cercherai le bandiere non guardare il rettangolo verde di gioco, ma volgi il tuo sguardo sugli spalti, verso la Curva Nord e nelle persone intorno a te. Nei loro occhi vedrai sventolare le bandiere più belle e colorate, vedrai riflettere il tuo stesso sguardo, riconoscerai i tuoi stessi desideri e non ti sentirai mai solo. Quella gente giorno dopo giorno diventerà sempre più la tua famiglia e avrai piacere di viverla continuamente e non solo qualche ora allo stadio. Ricorda sempre che la vera forza di un Laziale, è il fratello che ha al suo fianco, perciò non tradirlo o abbandonarlo mai, dagli rispetto e onore, e lui farà altrettanto con te. Questo concetto fondamentale è quello che da sempre ci rende popolo e non semplici appassionati di una squadra di calcio. Non serve essere tifosi di un calciatore o figli di una vittoria, ma è molto più importante essere sempre e solo innamorati della Lazio e dei Laziali…”
Ecco, in quella bandiera che ancora sventolare fiera davanti a te, troverai sempre tutto questo.
Avvicinarmi a quel bambino e asciugargli le lacrime che solcavano le sue guance, è stato un gesto naturale e spontaneo da padre, da figlio e da Laziale.
Mentre ci guardavamo negli occhi gli avrei voluto dire che meno di dieci mesi fa festeggiava il suo quarto trofeo da Laziale e che io invece ho aspettato ventidue anni per farlo.
Gli avrei voluto dire che il domani il tuo compagno di classe giallorosso che goffamente proverà a prenderti in giro, è cresciuto senza mai poter esultare e conosce la parola vittoria attraverso i racconti di successi sbiaditi del papà o del nonno. Tu invece conosci perfettamente cosa significa vincere, festeggiare trofei e alzare Coppe ‘n faccia agli altri.
Gli avrei voluto dire che non sempre vince chi lo merita veramente, che se quest’anno non ci avessero penalizzato in ogni modo e con ogni scorrettezza, la partita di ieri sera non avrebbe avuto alcun valore.
Gli avrei voluto dire che anche io alla sua età pensavo fosse quasi impossibile giocare una partita di Champions League, ma poi da uomo ho scoperto il fascino del Bernabeu di Madrid e la gioia di Montecarlo.
Gli avrei voluto dire che la sua bandiera rispetto alla mia è stracolma di titoli di ogni genere, ma in quel momento l’unica cosa che sono riuscito a dirgli è stato:
“Non ti stancare mai di sventolarla e amarla. Le lacrime di oggi, saranno i sorrisi di domani. Forza Lazio nostra… Sempre!!!”
Grazie a te piccolo grande Lazialotto, grazie alla nostra Banda Inzaghi per una stagione di grandi soddisfazioni e grazie a tutto il nostro straordinario popolo che anche ieri ha dimostrato per l’ennesima volta di essere la differenza…
Oggi più di ieri, Avanti Lazio… Avanti Laziali!!!

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