di Danilo GALDINO

Due cose non mentono mai: i propri occhi ed il proprio cuore…
Tutto il resto può essere condizionato, manipolato, strumentalizzato o inventato da tutti, quindi per trovarsi occhi negli occhi con la realtà e la verità, bisogna esclusivamente partecipare ed essere testimoni di ciò che accade. Chi si limita in modo superficiale a farsi raccontare qualcosa da qualcun altro, non potrà mai avere la giusta dimensione di ciò che succede; chi vive nel sentito dire sarà sempre influenzato e soggiogato.
“La libertà non è star sopra un albero, non è neanche avere un’opinione, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione…”
Giorgio Gaber cantava e spiegava questo concetto nello stesso anno in cui la Lazio di Maestrelli iniziava la propria cavalcata verso uno storico scudetto, ma negli ultimi 45 anni questo importante pensiero si è sempre più smarrito. Pensi di essere un uomo libero seduto in poltrona davanti ad una televisione? Ascoltando ciò che ti viene raccontato dagli occhi più o meno attenti e onesti di qualcun altro? Pensi di essere completamente a conoscenza di ciò che accade leggendo articoli scritti da chi sguazza nel torbido, nello scandalo a scopo di lucro, nelle interpretazioni velenose e soggettive?
“La libertà non è star davanti a un monitor, non è neanche avere un’opinione, la libertà non è un social network, libertà è partecipazione…”
In questa prima settimana trascorsa sotto le Tre Cime di Lavaredo, la partecipazione di piccoli e grandi Laziali non è mancata. Se ne sono scoperti tanti di occhi sognanti e cuori stracolmi di felicità: papà che hanno percorso nel weekend 1.300 chilometri tra andata e ritorno, solo per regalare ai propri figli l’emozione di essere accanto ai loro beniamini. I nomi dei nostri veri campioni non li trovate stampati sulle figurine Panini: Gabriele, Sofia, Chiara, Alba, Michele, Thomas, Marco e tanti altri. Questi piccoli aquilotti, sono le nuove generazioni di Laziali, piccoli poeti guerrieri che crescono, con l’abitudine a partecipare e vivere da vicino una fede e un popolo.
Tutto quello che in 119 anni di storia si è raggiunto e conquistato è figlio della partecipazione del Laziale, ma sfortunatamente negli ultimi tre lustri, sono sempre di più gli “Emo-Lazio”.
Gli emo nascono come tendenza giovanile, prima musicale e poi di costume. Nata dal movimento punk, predilige tematiche emozionali e atteggiamenti introspettivi estremi, ispirati a un cupo nichilismo. Persone apparentemente tristi e cupe, che trovano rifugio e piacere nell’autolesionismo. Gli “Emo-Lazio” sono coloro che per andare contro a una proprietà, un allenatore, dei calciatori, degli amici e conoscenti, provano soddisfazione e piacere nel criticare ferocemente, pretestuosamente ed eccessivamente tutto ciò che è biancoceleste. Gli “Emo-Lazio” paradossalmente godono delle difficoltà e mal vivono le gioie, aspettano impazienti ogni giorno qualche notizia negativa per tirare fuori la testa e dar sfogo alle loro frustrazioni. Gli “Emo-Lazio” non li riconosci dai tagli e le bruciature che si provocano sulla pelle, ma dalle parole al vetriolo ed i commenti caustici che dispensano ad altri Laziali e alla Lazio nostra. Parlano di libertà, di soddisfazioni, di ambizioni, senza partecipazione…
Se fosse ancora vivo, Giorgio Gaber descriverebbe un “Emo-Lazio” di oggi come una divertente contraddizione continua.
“Siamo una squadra di mezze pippe… Abbiamo un allenatore sopravvalutato… Un gestore che pensa solo a magnà… Un DS che pensa a fà le plusvalenze invece de comprà i giocatori boni… Non vinciamo mai nulla… Si vabbè non vinciamo mai nulla di importante, solo coppette… Non cresceremo mai… La nostra tifoseria non è più la stessa… Siete tutti complici di questa mediocrità…”
Se qualcuno ha smarrito la gioia dell’esser Laziale, il problema è tutto il suo e non deve condizionarci. Eravamo felici e orgogliosi di vivere Lazio-Vicenza, lo eravamo ugualmente il 27 agosto in quella notte a Montecarlo contro lo United di Alex Ferguson e continuiamo ad esserlo ogni volta che vediamo correre un ragazzo con l’aquila sul cuore.
Anche ieri pomeriggio, in occasione dell’amichevole vinta 5-2 contro la Triestina, siamo stati contenti e fieri, proprio come un paio di mesi fa, quando abbiamo battuto l’Atalanta dei miracoli e ci siamo portati a casa la settima Coppa Italia.
I piccoli aquilotti di oggi, tifano per il quarto club più vincente della storia del calcio italiano. Rispetto ai loro genitori non hanno dovuto attendere la maggiore età per alzare in cielo una Coppa. Rispetto ai loro coetanei giallorossi conoscono l’emozione di una vittoria e l’entusiasmo dei festeggiamenti.
La Lazio nostra non svanirà mai, perché anche tra venti o cinquant’anni, ci saranno generazioni di giovani aquile, abituate a partecipare e vivere liberamente l’amore donatogli dalla propria famiglia.
Qualsiasi cosa accada piccolo mio, tu “continua a camminare attraverso il vento, continua a camminare attraverso la pioggia. Anche se i tuoi sogni verranno scossi e spazzati via, continua a camminare con la speranza nel cuore.
E non camminerai mai da solo…”
Oggi più di ieri, Avanti Lazio… Avanti Laziali!

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