di Danilo GALDINO

Spendi spandi, spandi spendi effendi…
La comparsa del denaro in forma di moneta risale all’VIII secolo avanti Cristo, nella Lidia del Re Creso, in Asia Minore. Con la comparsa della moneta inevitabilmente nacque anche il “mercato”. Nel breve giro di circa un secolo, tra il VII e il VI secolo a. C., apparve in Grecia la figura del mercante, cioè colui il quale guadagna sulla differenza di prezzo fra ciò che acquista e ciò che vende.
Con il passare dei secoli il denaro acquisì sempre più valore sino a diventare padrone assoluto della vita di quasi tutti gli uomini.
L’autore statunitense George Horace Lorimer nei primi del 900 spiegò che:
“È bene avere il denaro e le cose che il denaro può comprare, ma è bene anche, ogni tanto, controllare ed essere sicuri di non aver perso le cose che il denaro non può comprare.”
Per i soldi si è disposti ad uccidere, scatenare guerre, disconoscere legami di sangue, calpestare sentimenti, sacrificare sogni, vendere un ideale, mentire, illudere, raggirare… il denaro prende sempre più il sopravvento e stravolge ogni ambito o settore della vita. Dove c’è business governa la monarchia assoluta dei soldi.
Il calcio del XXI secolo è una delle industrie più remunerative esistenti ed i prodotti che sforna sono quasi tutti figli dell’aridità, dell’ingordigia e dell’avidità. Tutto viene nascosto o minimizzato dietro la parola “professionismo”.
Tanti e tanti calciatori giovani e meno giovani, vengono controllati e gestiti da figure con mezzo metro di pelo sullo stomaco. Loro sono l’esempio più tangibile che il gioco che fa sognare tutti noi sin da bambini, è sempre più ostaggio di figure ciniche, spietate e opportuniste. Procuratori, manager, faccendieri, portaborse, avvocati, fiscalisti, commercialisti, operatori di borsa, consulenti, è sempre più un calcio lontano dal cuore e vicino alle tasche.
Fortunatamente nel corso del tempo, sempre più tifosi stanno comprendendo che bisogna sostenere solo la maglia, senza legarsi a un nome o un personaggio, perché il calcio moderno non permette di scrivere e vivere favole come quelle di Vincenzo D’Amico o Uber Gradella. Oggi quella maglia con l’aquila sul cuore, può essere baciata solo e soltanto da chi non smette un solo giorno della propria vita di amarla, onorarla e difenderla. Chi la indossa, lo fa più o meno dignitosamente per lavoro, invece chi come noi la sostiene in ogni dove, lo fa per estremo senso di appartenenza e amore incondizionato.
Tra tanto opportunismo che si nasconde dietro il professionismo, c’è qualche rara eccezione che ancora oggi vive il proprio lavoro spinto da una passione.
“La Lazio per me è vita, è famiglia. La Lazialità si tramanda e io l’ho tramandata ai miei figli, penso faranno lo stesso con i loro figli. La Lazio è una storia iniziata 20 anni fa. Se l’avessi immaginata così bella, quand’ero giocatore, forse non ci avrei creduto, sarebbe stato impossibile scriverla così come la sto vivendo.”
Simone Inzaghi incarna l’allenatore che tutti i tifosi di una squadra di calcio vorrebbero avere: da prima calciatore che ha vinto e segnato tanto con la nostra maglia, poi da allenatore ha vinto tanto con le formazioni giovanili ed ha poi proseguito ad alzare trofei con la prima squadra nella massima serie. Vent’anni esatti di amore e riconoscenza, fu il primo che nel periodo di massima crisi vissuto quindici anni fa, anziché scappare o mettere in mora la società, chiese spontaneamente di spalmare il suo ingaggio. Vent’anni di Lazio dentro e fuori dal campo, con gesti semplici e sentiti, un Laziale tra i Laziali, che vive e trasmette il suo attaccamento ai nostri colori a tutti: figli, moglie, amici, collaboratori, calciatori e tifosi.
Noi abbiamo cominciato la nuova stagione con una certezza: ripartire da un Laziale vincente e preparato, mentre altri annaspano tra incertezze, scommesse e azzardi. Vedere un “Conte” sulla panchina di una squadra che ha sempre attaccato e combattuto sportivamente fa riflettere e sorridere amaramente. Altri invece non sapendo dove sbattere la testa per una sfilza lunghissima di rifiuti, hanno puntato su un “Zorro” che allenava in Ucraina.
Partendo da questi presupposti, dobbiamo approcciarci all’ennesima estate di calciomercato, con la giusta serenità. In un mondo pallonaro dominato sempre più da 6-7 club europei multimilionari, capaci di stravolgere tutto in un attimo a suon di montagne di milioni, avere un degno rappresentante che ci conosce perfettamente e ci vive in ogni momento, è già un’importante conquista.
Spendi e spandi, spandi spendi effendi…
Davanti a cifre a due zeri, tutto il mondo deve fermarsi e alzare le mani. Tutti, ma soprattutto noi in Italia, dove la quasi totalità delle società di serie A, riesce ad incassare e fatturare tutti quei milioni, in un due-tre anni.
Sono passati 24 anni, da quel 11 giugno 1995, quando un popolo si ribellò alla cessione di Beppe Signori al Parma di Calisto Tanzi per 25 miliardi delle vecchie lire. Fu la prima volta nella storia che una tifoseria impedì il trasferimento di un importante calciatore. Il mondo del calcio però è cambiato parecchio in questi ultimi 5 lustri. Da essere il gioco più bello e praticato in ogni angolo della Terra, è diventato sempre più business, da sport a industria che tiene in piedi l’economia di interi paesi.
In attesa che i prossimi giorni diano il via ad arrivi e partenze, restiamo lucidi e concentrati, senza farci influenzare dalle tante chiacchiere, consapevoli che questa Banda Inzaghi è forte e lo sarà sicuramente anche nella prossima stagione. Noi tifosi possiamo e dobbiamo dedicarci solo ed esclusivamente a ciò che ci riesce meglio: sostenerla!!!
Calciatori più o meno forti, vanno e vengono, ma solo due cose non passano mentre tutto va… la Lazio ed i Laziali!
Vedere le immagini del nostro allenatore in vacanza negli Stati Uniti fanno bene al cuore. Simone Inzaghi come un turista qualsiasi in giro per la Grande Mela, con zainetto, t-shirt e un gran bel sorriso, passa a trovare i ragazzi del Lazio Club New York City per salutarli e respirare un po’ di Lazialità, deve farci capire che rispetto a tutti gli altri tifosi, noi siamo tanto fortunati.
Quant’è bello esse Laziali, Laziali come noi, cor core e co’ li brividi, ce stamo solo noi…
Oggi più di ieri, Avanti Lazio… Avanti Laziali!

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