di Fabio BELLI

Nella storia del calcio italiano anteguerra c’è uno Scudetto diviso: non parliamo del titolo del 1922, spartito tra Novese e Pro Vercelli a causa di una scissione federale. C’è un campionato mai terminato che ha assegnato uno Scudetto per il quale ufficialmente non esiste delibera. E’ tutto accaduto nel 1915, l’anno dello Scudetto Spezzato.

Nel maggio 1915 il calcio italiano si appresta a concludere l’ennesima stagione di un’epoca pionieristica. Le squadre del Nord a dominare, quelle del Centro-Sud a muovere i primi passi: la Federazione già da qualche anno ha stabilito come la squadra campione dell’Italia settentrionale, da tutti formalmente già considerata Campione d’Italia per manifesta superiorità, dovesse disputare una finalissima contro la squadra campione dell’Italia centro meridionale. Questo per dare più ampio respiro allo sviluppo a livello nazionale di uno sport come il football per il quale di intravedono enormi potenzialità e che non merita di restare confinato a livello locale.

Certo, la differenza tecnica tra Nord e Sud è enorme. La finale nazionale venne istituita nel 1913, e la regina del calcio centro-meridionale è senza dubbio la Lazio. Che perde però 6-0 la finalissima contro la Pro Vercelli nel 1913 e 7-1 in trasferta e 0-2 in casa la sfida di andata e ritorno contro il Casale nel 1914. Da Bologna in giù la Lazio è senza dubbio la squadra più forte. Marcello Consiglio e Fernando Saraceni sono giocatori moderni per l’epoca, e il coraggio di Angelo Zucchi e Augusto Faccani tiene la linea laziale sempre alta.

Ma contro i giganti del Nord si può fare poco: nel 1915 si giocano il titolo il Genoa già 6 volte Campione d’Italia, ma a secco dal 1904, l’Internazionale scudettata nel 1910 e il Torino che ha scalzato l’altra regina piemontese, la Pro Vercelli 5 volte titolata. Ma quello del 1915 è un campionato strano, perché venti di guerra spirano sempre più forti e il 24 maggio l’Italia entra a far parte del primo conflitto mondiale. Sottobraccio ai giovani il fucile si sostituisce al pallone e tra le squadre chiamate a dare un contributo più consistente alla Patria c’è proprio la Lazio, che in qualità di Polisportiva manda decine di atleti, non solo calcistici, al fronte.

Il campionato però viene sospeso e riprenderà solo nel 1920, quando tanti protagonisti saranno caduti o feriti al fronte. Il titolo non è stato assegnato: la Lazio è prima nel centro-sud, il Genoa al centro-nord ma con lo scontro diretto contro il Torino da giocare: in caso di vittoria, sarebbero stati i granata ad andare in finale. C’è anche una finale meridionale da giocare tra le due squadre di Napoli. Un caos e infatti il titolo non viene assegnato, come sarebbe logico pensare. E a questo punto però che la storia si fa davvero misteriosa.

La sospensione bellica del campionato avvenne il 22 maggio 1915. Il 23 maggio il girone Nord avrebbe dovuto disputare le sue partite decisive, Genoa-Torino e il derby Milan-Inter. Ma quella domenica l’Italia dichiarò guerra all’impero Austro-Ungarico. Nel frattempo, la Lazio vinse il girone dell’Italia centrale battendo il Roman, che l’aveva sopravanzata nella fase regionale precedente, mentre non venne omologata la sfida del campionato meridionale tra Naples e Internazionale di Napoli.

Il campionato restò fermo 4 anni: il Consiglio Federale tornò a riunirsi nel 1919 e e la Federazione decise di attribuire il titolo al Genoa, ignorando i diritti delle formazioni centro-meridionali, nella fattispecie della Lazio, perché considerate non competitive. Normale pensarla così all’epoca, il problema è che l’assegnazione ai rossoblu fu di fatto convenzionale e mai ufficiale. Mai è stata trovata delibera dell’assegnazione del titolo 1915, né testimonianze della proclamazione dello Scudetto da parte della rivista sociale del Genoa, che alcuni individuano nel settembre 1921, né di una cerimonia di premiazione che sarebbe avvenuta nello scorso anno.

Per quasi 95 anni, dal 1921 al 2015, la storia è stata accettata acriticamente così come è stata tramandata. Il 25 maggio del 2015, in occasione del centenario dell’entrata dell’Italia nella Grande Guerra, il settimanale romano Nuovo Corriere Laziale rilanciò la questione. L’avvocato capitolino Gian Luca Mignogna, tifoso laziale, riuscì a lanciare una petizione in pochi mesi: i tifosi laziali risposero in massa con 35.000 sottoscrizioni e soprattutto venne ribaltata buona parte della storiografia ufficiale dedicata allo Scudetto del 1915.

La petizione e la rivendicazione di Mignogna chiede l’assegnazione ex aequo del titolo al Genoa, i cui diritti sono a 100 anni di distanza intoccabili, e alla Lazio che di fatto, unica ad aver terminato il proprio girone interzona, restava l’unica certa finalista di quell’edizione del campionato. La richiesta arriva fino alla FIGC: sotto la presidenza Tavecchio si arriva addirittura alla nomina di una commissione di saggi che evidenzia come la Lazio debba essere considerata campione d’Italia, ricongiungendo lo Scudetto spezzato. La FIGC attraversa però una crisi istituzionale che porta all’attuale presidenza Gravina e all’imminente nomina di una nuova commissione.

Ma come è potuto accadere che semplicemente, per 100 anni, uno Scudetto fosse assegnato per “presunzione di superiorità”, senza che nessuno si facesse domande? Lo Scudetto 1915 è stato in realtà al centro di controversie sin dagli anni della Prima Guerra Mondiale: come si legge sulla pagina Wikipedia dedicata al campionato di Prima Divisione 1914/15, la decisione sull’assegnazione restò congelata a causa dei reclami di Inter e Torino, poi non presi in considerazione. Inoltre la presunta cerimonia di premiazione genoana avrebbe avuto luogo l’11 dicembre del 1921, durante la fase di risoluzione dello scisma, allora in corso, tra la FIGC e la Confederazione Calcistica Italiana (CCI), della quale faceva parte lo stesso Genoa: molti dei neocampioni rossoblù, in primis il terzino Claudio Casanova, non seppero mai della loro vittoria perché scomparsi in guerra. I presunti conflitti di interessi intercorrenti fra Carlo Montù (alla guida della Federazione nel 1919), Luigi Bozino (presidente prima federale e poi confederale negli anni 1921-1922), e i dirigenti genoani Edoardo Pasteur (vicepresidente FIGC e CCI sotto Montù e Bozino) e George Davidson (capo della Federazione Ciclistica Italiana) gettarono, comunque, un’ombra sull’intera vicenda che a oltre 100 anni di distanza, per intervento della FIGC, potrebbe ora arrivare a una risoluzione con una assegnazione postuma del titolo ex aequo a Genoa e Lazio.

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